Mese: Giugno 2018

ROSA, il caso Vercesi

liberamente ispirato a

La vera storia di Rosa Vercesi e della sua amica Vittoria di Guido Ceronetti

In una rovente notte d’estate, due donne percorrono a piedi un elegante viale alberato di Torino, ignare di ciò che sta per accadere. È il 18 agosto del 1930 e le due donne sono Rosa Vercesi e Vittoria Nicolotti. A notte fonda qualcuno sente delle urla provenire dall’apparta-mento all’ultimo piano del n.52, poi il silenzio…

La cronaca e il rapporto di polizia parlano di un omicidio avvenuto quella notte. Per i giudici sarà premeditazione e furto: ergastolo. Tutto il resto, gli affari che si intrecciano ad una storia d’amore fra le due, la notte di sesso, che a Vittoria piaceva violento, il probabile uso di cocaina, sono cancellati, rimossi, sono bisbiglio di popolo.

Complice di tutto questo la stessa assassina, Rosa, che per vergogna preferisce beccarsi un ergastolo per futili motivi, piuttosto che ammettere lo scandalo di un delitto passionale.

Un pendolo magico segue il loro destino. Dal passato emergono visioni oscillanti, immagini distorte, dettagli ingranditi, parole sognate, spettri sonori di vecchie canzoni.

Sulla scena si materializza il luogo del delitto, il più vicino possibile alla realtà proprio perché rigorosamente immaginario, in cui prendono forma i fatti come si svolsero per Rosa e Vittoria, indissolubilmente legate l’una all’altra, presenti entrambe in un solo corpo di attrice.

Nell’oceano delle pulsioni e della casualità che noi chiamiamo destino, si percepisce la luce tenue della verità di un crimine d’amore insanguinato bene, reso impuro dalle mani che prima e dopo aver ucciso, approfittano per rubare.

Non ci si può aspettare che sia la logica ad avere il timone della narrazione: la vita è sempre contro la logica e le furie della passione sono tenaci, nella sopravvivenza e nell’inafferrabilità.

Adattamento scenico di Fabrizio Rosso

Musiche di Nadir Vassena

ROSA, il caso Vercesi

liberamente ispirato a

La vera storia di Rosa Vercesi e della sua amica Vittoria di Guido Ceronetti

In una rovente notte d’estate, due donne percorrono a piedi un elegante viale alberato di Torino, ignare di ciò che sta per accadere. È il 18 agosto del 1930 e le due donne sono Rosa Vercesi e Vittoria Nicolotti. A notte fonda qualcuno sente delle urla provenire dall’apparta-mento all’ultimo piano del n.52, poi il silenzio…

La cronaca e il rapporto di polizia parlano di un omicidio avvenuto quella notte. Per i giudici sarà premeditazione e furto: ergastolo. Tutto il resto, gli affari che si intrecciano ad una storia d’amore fra le due, la notte di sesso, che a Vittoria piaceva violento, il probabile uso di cocaina, sono cancellati, rimossi, sono bisbiglio di popolo.

Complice di tutto questo la stessa assassina, Rosa, che per vergogna preferisce beccarsi un ergastolo per futili motivi, piuttosto che ammettere lo scandalo di un delitto passionale.

Un pendolo magico segue il loro destino. Dal passato emergono visioni oscillanti, immagini distorte, dettagli ingranditi, parole sognate, spettri sonori di vecchie canzoni.

Sulla scena si materializza il luogo del delitto, il più vicino possibile alla realtà proprio perché rigorosamente immaginario, in cui prendono forma i fatti come si svolsero per Rosa e Vittoria, indissolubilmente legate l’una all’altra, presenti entrambe in un solo corpo di attrice.

Nell’oceano delle pulsioni e della casualità che noi chiamiamo destino, si percepisce la luce tenue della verità di un crimine d’amore insanguinato bene, reso impuro dalle mani che prima e dopo aver ucciso, approfittano per rubare.

Non ci si può aspettare che sia la logica ad avere il timone della narrazione: la vita è sempre contro la logica e le furie della passione sono tenaci, nella sopravvivenza e nell’inafferrabilità.

Adattamento scenico di Fabrizio Rosso

Musiche di Nadir Vassena

Strauss Reloaded

Dominique Vellard, tenore

Giacomo Schiavo, tenore

Pierre-Stéphane Meugé, sassofoni

Marcus Weiss, sassofoni

Ma fin est mon commencement………

et mon commencement ma fin…

Due voci (Dominique Vellard, Giacomo Schiavo) e due sassofoni (Pierre-Stéphane Meugé et Marcus Weiss). Un progetto musicale incrociato, con musiche di Alessandro Agricola, J.S. Bach, Béla Bartòk, Luciano Berio, Josquin Desprez, di compositori della Scuola di Notre-Dame de Paris, come di Orlando di Lasso, Guillaume de Machaut, Igor Stravinskij e Stefan Wolpe passando ovviamente anche per Richard Strauss.

La sfida è quella di mettere a confronto – sia per affinità sia per contrasto – musiche cronologicamente molto remote, ma a volte sorprendentemente vicine. L’incrocio è doppio: con le voci – strumento senza tempo, ancestrale vettore dell’espressività umana – e con i sassofoni – strumento espressione della tradizione moderna e contemporanea, per sua stessa natura aperto agli incroci e alle influenze più estreme. Malgrado questa distanza – all’apparenza incolmabile – gli strumenti riescono a farsi voce, modulando le proprie sonorità, articolazioni e fraseggi fino ad accordarsi senza durezze con quelli dei cantanti. Al punto che alcuni brani molto antichi potrebbero oggi apparire originariamente e inevitabilmente pensati per un simile organico che capovolge il tempo.

Dominique Vellard (nato nel 1953) è un tenore francese e specialista della musica medievale con all’attivo più di una cinquantina di incisioni discografiche. Nel 1979 fonda l’Ensemble Gilles Binchois, un gruppo di spicco nella performance dell’ Ars Nova. È anche un compositore.

Giacomo Schiavo, tenore italiano, ha studiato alla Schola Cantorum Basiliensis, e il suo repertorio si estende dal Medioevo al Romanticismo. Ha partecipato a numerossime produzioni in tutta Europa.

Marcus Weiss, nato a Basilea nel 1961, ha suonato in tutto il mondo con orchestre prestigiose come la Berliner Sinfonie Orchester, Orchestre NDR Hamburg o la Tonhalle Orchester di Zurigo, così come con molti ensemble di musica contemporanea. Molte le composizioni a lui dedicate (Aperghis, Ablinger, Lachenmann, Stockhausen, Netti, Globokar, Vassena, Kyburz, Furrer, Sotelo, Gervasoni, Sciarrino e altri). È docente di sassofono e musica da camera presso la Hochschule für Musik di Basilea.

Pierre-Stéphane Meugé è nato a Bordeaux nel 1964, conduce una carriera concertistica che, pur rimanendo concentrata in Europa, lo ha portato in tutto il mondo. Nel 1985, ha frequentato il famoso Seminario di fenomenologia musicale e direzione d’orchestra di Sergiu Celibidache, un incontro importante con il maestro rumeno. Dopo un periodo di lavoro presso il l’IRCAM di Parigi dove ha studiato anche composizione con Emmanuel Nunes (un altro incontro decisivo), è diventato nel 1988 il primo professore di sassofono presso i Ferienkurse für Neue Musik di Darmstadt. Dal 1999, Pierre-Stéphane Meugé é docente di sassofono e musica da camera nelle classi professionali del Conservatorio di Losanna.