RAVEL Reloaded

Per l’ultimo Reloaded della stagione Early Night Modern ospita un altro strumento che viene da lontano nei tempi – uno strumento oggi forse un po’ snobbato, relegato e a volte bistrattato nell’ambito didattico – ma che sa trasformarsi e trasfigurarsi. I flauti dolci di Antonio Politano – e soprattutto i modelli Paetzold – possono raggiungere sonorità gravi e conturbanti, far dimenticare lo stereotipo sonoro dello strumento e, come gli antichi strumenti aerofoni, sorprendere con inattese emozioni percettive.

SCHUBERT Reloaded

TwoNewDuo: un violoncello e un trombone, inusuale duo dedito alla musica contemporanea a cui occasionalmente si aggiungono altri musicisti. Protagonisti sono due strumenti storici, rimasti praticamente inalterati con il passare dei secoli, ma che sanno offrire ancora soprese e raggiungere l’ascoltatore grazie alla vicinanza con uno strumento ancora più antico anzi, il più antico di tutti: la voce umana.

 

BACH Reloaded

Invisible Bach Through: uno spazio di risonatori metallici insieme a un violoncello preparato e trattato elettronicamente in real-time danno vita ad un omaggio a Bach: elettroacustico, spazializzato e site-specific. La musica di Bach viene trasfigurata dai risonatori metallici, posti sopra le teste degli ascoltatori come a costruire il profilo di un’architettura insieme antica e moderna, il tutto in una metamorfosi rivelatrice di quella distanza – temporale e culturale – che ci separa dalla sua epoca.

MOZART Reloaded

Abbiamo diverse testimonianze d’epoca sulle strabilianti capacità di Mozart nell’improvvisare. I musicisti del Trio Kimmig-Studer-Zimmerlin – un po’ come Mozart – sono attivi e riconosciuti sia come compositori sia come improvvisatori: da diversi anni lavorano insieme e hanno saputo integrare nel suono tradizionale dei loro strumenti (violino, violoncello e contrabbasso) molte delle innovazioni sonore degli ultimi decenni, pur mantenendo la freschezza e l’immediatezza tipica dei processi improvvisativi. A loro gli EarlyNight affidano una riflessione sull’opera mozartiana.

 

GERSHWIN Reloaded

Per secoli è stato lo strumento a cui grandi compositori come – Frescobaldi, Couperin, Bach, Händel, Scarlatti – hanno dedicato pagine solistiche decisive per la storia della musica occidentale, ma anche rilevanti parti di accompagnamento. Poi il clavicembalo è stato quasi del tutto accantonato, sostituito dalla maggiore versatilità e potenza del pianoforte. Il fascino dello strumento antico – ma dal potenziale decisamente moderno – sarà presentato da Stefano Molardi, con un percorso nel passato e nel presente di questo pezzo di storia della cultura.

BEAThoven Reloaded

Beethoven è il primo compositore che pensa al timpano come uno strumento realmente solista, che manipola il ritmo in modo ossessivo e lo rende tematico. Le cellule ritmiche contenute nel Concerto per violino in D verranno sviscerate, alterate, smontate e poi ricomposte in un gioco timbrico che si affiderà ad un solo esecutore munito di piatti e tamburi. Verrà rispettata la stesura tripartita del Concerto e nella parte centrale prenderà luce una composizione di Alessio Sabella, in un gioco di contrapposizione tra composizione estemporanea e composizione millimetrica e capillare.

DAVIDE MERLINO

Dopo la Laurea in Percussioni classiche con specializzazione in Didattica dello strumento, segue il Corso di alto perfezionamento in jazz. Collabora con ensemble e artisti internazionali, tra i quali: Cameristi della Scala, Virtuosi Italiani, Ensemble dei Percussionisti della Scala, Sabir Mateen, Patrizio Fariselli, David Friedman, Achille Succi, Tony Arco, Gino Robair, Tino Tracanna, Michael Rosen, Pasquale Mirra, Bienoise e molti altri. Partecipa alla realizzazione di numerosi dischi come sideman e a proprio nome. Le sue composizioni sono trasmesse dalle reti RAI ove suona più volte dal vivo. Fondatore dell’etichetta musicale Floating Forest Rec, dirige e coordina l’Orchestra di percussioni Waikiki. Insegna percussioni nelle scuole secondarie e collabora con il Dipartimento di Didattica del Conservatorio di Brescia.

ROSA, il caso Vercesi

liberamente ispirato a

La vera storia di Rosa Vercesi e della sua amica Vittoria di Guido Ceronetti

In una rovente notte d’estate, due donne percorrono a piedi un elegante viale alberato di Torino, ignare di ciò che sta per accadere. È il 18 agosto del 1930 e le due donne sono Rosa Vercesi e Vittoria Nicolotti. A notte fonda qualcuno sente delle urla provenire dall’apparta-mento all’ultimo piano del n.52, poi il silenzio…

La cronaca e il rapporto di polizia parlano di un omicidio avvenuto quella notte. Per i giudici sarà premeditazione e furto: ergastolo. Tutto il resto, gli affari che si intrecciano ad una storia d’amore fra le due, la notte di sesso, che a Vittoria piaceva violento, il probabile uso di cocaina, sono cancellati, rimossi, sono bisbiglio di popolo.

Complice di tutto questo la stessa assassina, Rosa, che per vergogna preferisce beccarsi un ergastolo per futili motivi, piuttosto che ammettere lo scandalo di un delitto passionale.

Un pendolo magico segue il loro destino. Dal passato emergono visioni oscillanti, immagini distorte, dettagli ingranditi, parole sognate, spettri sonori di vecchie canzoni.

Sulla scena si materializza il luogo del delitto, il più vicino possibile alla realtà proprio perché rigorosamente immaginario, in cui prendono forma i fatti come si svolsero per Rosa e Vittoria, indissolubilmente legate l’una all’altra, presenti entrambe in un solo corpo di attrice.

Nell’oceano delle pulsioni e della casualità che noi chiamiamo destino, si percepisce la luce tenue della verità di un crimine d’amore insanguinato bene, reso impuro dalle mani che prima e dopo aver ucciso, approfittano per rubare.

Non ci si può aspettare che sia la logica ad avere il timone della narrazione: la vita è sempre contro la logica e le furie della passione sono tenaci, nella sopravvivenza e nell’inafferrabilità.

Adattamento scenico di Fabrizio Rosso

Musiche di Nadir Vassena

ROSA, il caso Vercesi

liberamente ispirato a

La vera storia di Rosa Vercesi e della sua amica Vittoria di Guido Ceronetti

In una rovente notte d’estate, due donne percorrono a piedi un elegante viale alberato di Torino, ignare di ciò che sta per accadere. È il 18 agosto del 1930 e le due donne sono Rosa Vercesi e Vittoria Nicolotti. A notte fonda qualcuno sente delle urla provenire dall’apparta-mento all’ultimo piano del n.52, poi il silenzio…

La cronaca e il rapporto di polizia parlano di un omicidio avvenuto quella notte. Per i giudici sarà premeditazione e furto: ergastolo. Tutto il resto, gli affari che si intrecciano ad una storia d’amore fra le due, la notte di sesso, che a Vittoria piaceva violento, il probabile uso di cocaina, sono cancellati, rimossi, sono bisbiglio di popolo.

Complice di tutto questo la stessa assassina, Rosa, che per vergogna preferisce beccarsi un ergastolo per futili motivi, piuttosto che ammettere lo scandalo di un delitto passionale.

Un pendolo magico segue il loro destino. Dal passato emergono visioni oscillanti, immagini distorte, dettagli ingranditi, parole sognate, spettri sonori di vecchie canzoni.

Sulla scena si materializza il luogo del delitto, il più vicino possibile alla realtà proprio perché rigorosamente immaginario, in cui prendono forma i fatti come si svolsero per Rosa e Vittoria, indissolubilmente legate l’una all’altra, presenti entrambe in un solo corpo di attrice.

Nell’oceano delle pulsioni e della casualità che noi chiamiamo destino, si percepisce la luce tenue della verità di un crimine d’amore insanguinato bene, reso impuro dalle mani che prima e dopo aver ucciso, approfittano per rubare.

Non ci si può aspettare che sia la logica ad avere il timone della narrazione: la vita è sempre contro la logica e le furie della passione sono tenaci, nella sopravvivenza e nell’inafferrabilità.

Adattamento scenico di Fabrizio Rosso

Musiche di Nadir Vassena

Strauss Reloaded

Dominique Vellard, tenore

Giacomo Schiavo, tenore

Pierre-Stéphane Meugé, sassofoni

Marcus Weiss, sassofoni

Ma fin est mon commencement………

et mon commencement ma fin…

Due voci (Dominique Vellard, Giacomo Schiavo) e due sassofoni (Pierre-Stéphane Meugé et Marcus Weiss). Un progetto musicale incrociato, con musiche di Alessandro Agricola, J.S. Bach, Béla Bartòk, Luciano Berio, Josquin Desprez, di compositori della Scuola di Notre-Dame de Paris, come di Orlando di Lasso, Guillaume de Machaut, Igor Stravinskij e Stefan Wolpe passando ovviamente anche per Richard Strauss.

La sfida è quella di mettere a confronto – sia per affinità sia per contrasto – musiche cronologicamente molto remote, ma a volte sorprendentemente vicine. L’incrocio è doppio: con le voci – strumento senza tempo, ancestrale vettore dell’espressività umana – e con i sassofoni – strumento espressione della tradizione moderna e contemporanea, per sua stessa natura aperto agli incroci e alle influenze più estreme. Malgrado questa distanza – all’apparenza incolmabile – gli strumenti riescono a farsi voce, modulando le proprie sonorità, articolazioni e fraseggi fino ad accordarsi senza durezze con quelli dei cantanti. Al punto che alcuni brani molto antichi potrebbero oggi apparire originariamente e inevitabilmente pensati per un simile organico che capovolge il tempo.

Dominique Vellard (nato nel 1953) è un tenore francese e specialista della musica medievale con all’attivo più di una cinquantina di incisioni discografiche. Nel 1979 fonda l’Ensemble Gilles Binchois, un gruppo di spicco nella performance dell’ Ars Nova. È anche un compositore.

Giacomo Schiavo, tenore italiano, ha studiato alla Schola Cantorum Basiliensis, e il suo repertorio si estende dal Medioevo al Romanticismo. Ha partecipato a numerossime produzioni in tutta Europa.

Marcus Weiss, nato a Basilea nel 1961, ha suonato in tutto il mondo con orchestre prestigiose come la Berliner Sinfonie Orchester, Orchestre NDR Hamburg o la Tonhalle Orchester di Zurigo, così come con molti ensemble di musica contemporanea. Molte le composizioni a lui dedicate (Aperghis, Ablinger, Lachenmann, Stockhausen, Netti, Globokar, Vassena, Kyburz, Furrer, Sotelo, Gervasoni, Sciarrino e altri). È docente di sassofono e musica da camera presso la Hochschule für Musik di Basilea.

Pierre-Stéphane Meugé è nato a Bordeaux nel 1964, conduce una carriera concertistica che, pur rimanendo concentrata in Europa, lo ha portato in tutto il mondo. Nel 1985, ha frequentato il famoso Seminario di fenomenologia musicale e direzione d’orchestra di Sergiu Celibidache, un incontro importante con il maestro rumeno. Dopo un periodo di lavoro presso il l’IRCAM di Parigi dove ha studiato anche composizione con Emmanuel Nunes (un altro incontro decisivo), è diventato nel 1988 il primo professore di sassofono presso i Ferienkurse für Neue Musik di Darmstadt. Dal 1999, Pierre-Stéphane Meugé é docente di sassofono e musica da camera nelle classi professionali del Conservatorio di Losanna.

Stravinskji Reloaded – Ipek Gorgun

Nata e cresciuta ad Ankara, Ipek Gorgun è una giovane artista turca. Dopo una laurea in scienze politiche e un master in filosofia, si dedica completamente alle sperimentazioni musicali elettroacustiche, sia come compositrice e performer, sia come ricercatrice presso l’Istanbul Technical University Center for Advanced Studies in Music. 

Il suo approccio multidisciplinare le ha permesso di muoversi sapientemente e consapevolmente sui confini di diversi generi e approcci musicali, senza mai perdere il suo personale equilibrio estetico. E’ stata bassista e cantante in diversi progetti, suonando con i Vector Hugo e i Bedroomdrunk (con questi ultimi pubblica “This is What Happened” nel 2003 e “Raw” nel 2007) e ha lavorato come compositrice di colonne sonore. Nel 2014 viene selezionata per rappresentare la Turchia alla Red Bull Music Academy del 2014 a Tokyo, dove si è esibita come opening artist per “Test pattern no: 6” di Ryoji Ikeda e dove ha partecipato ad una sessione di improvvisazione guidata da Otomo Yoshidide.

Nei suoi progetti da solista Ipek Gorgun indaga minuziosamente la materia sonora in tutte le sue immaginabili configurazioni e dialettiche, sperimentando allo stesso tempo le sue possibili dissoluzioni. Nella sua arte, che si muove all’interno di quel ‘contenitore’ che va sotto il nome di musica elettroacustica, la compositrice non solo dimostra di conoscere e saper trattare con arte tutte le tecniche di elaborazione e sintesi elettronica tipiche della dimensione più strettamente di ricerca, di cui sembra averne assimilato la più profonda sostanza, ma anche manifesta un deciso interesse nei confronti di quella scena elettronica underground legata all’IDM, alla Techno sperimentale e soprattutto al Noise. Campionamenti audio, elaborazioni estreme, distorsioni o semplici oggetti sonori di sintesi si amalgamano così in un risultato che esplora pienamente il range dinamico e le possibilità timbriche, dispiegandosi lungo strutture formali astratte e mai scontate in cui passaggi radi e cristallini si alternano ad esplosioni dinamiche che riportano alla memoria, senza mai strumentalizzarle, le sofferenze attuali delle terre d’origine della compositrice. Questo approccio sfugge così a qualsiasi esaustiva definizione, se non quella che ne sottolinei la ricchezza in termini di contenuti e di potenza comunicativa, e ne confessi l’attinenza con il più profondo sentire del nostro enigmatico contemporaneo digitale. Come afferma A. Meister in FreqZine, parlando dell’ultimo disco solista della Gorgun, la sua musica «seems to speak of a dormant world of figurative symbolism and archetypal tone poems celebrating the restful dissolve into the slumbering arms of an electronic Morpheus».

Per la stagione 2017/2018 di OGGIMUSICA Ipek Gorgun sarà impegnata in un libero rework elettroacustico del balletto L’Uccello di Fuoco di Igor’ Stravinskij, che verrà eseguito totalmente live il 18 maggio 2018 presso il LAC di Lugano.